"Ensemble" con i partecipanti di Altri Sguardi

Ph. Matteo De Fina, © Palazzo Grassi
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Articolo
13.09.24

"Ensemble" con i partecipanti di Altri Sguardi

Da maggio a giugno 2024 si è tenuta la sesta edizione del laboratorio di mediazione e scambio culturale “Altri Sguardi”, rivolto a persone rifugiate e con background migratorio.

I partecipanti hanno realizzato le presentazioni per il pubblico a partire dalle interpretazioni inedite di alcune opere della mostra "Ensemble" a Palazzo Grassi che presenta i lavori di Julie Mehretu, Nairy Baghramian, Huma Bhabha, Tacita Dean, David Hammons, Robin Coste Lewis, Paul Pfeiffer e Jessica Rankin.

Guidati dalla tutor Elisa Etrari e dagli ex-partecipanti al progetto Gustavo Alfredo Garcìa Figueroa e Evgeniia Liubova, i partecipanti di questa edizione hanno elaborato dei racconti che uniscono loro esperienze personali e le capacità di mediazione sviluppate durante il corso del progetto.

Ascolta i racconti dei tutor e dei partecipanti Amiyao Guebre (Burkina Faso), Sujon Bepary (Bangladesh), Valerii Shakin (Russia), Berthe Bunda Tabit (Camerun), Renato De Marchi Moyano (Bolivia), Mohamed Garoui (Tunisia), Concepción García Sánchez (Messico), Amadou Camara (Guinea).

Le citazioni seguenti ricalcano fedelmente alcuni estratti delle tracce audio delle voci dei partecipanti. Con i loro suggerimenti e la loro approvazione, conservano le caratteristiche del parlato con le specificità culturali e linguistiche di ciascuno. Per questo motivo, si è scelto di non tradurre gli interventi, ma di mantenere solo le versioni in lingua originale.

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Oh Say Can You See (2017) di David Hammons

La prima volta che sono venuto qui ho visto la bandiera e ho pensato al mio paese. […] La nostra bandiera ha tre colori, rosso, giallo e verde. Ogni colore ha un significato, questo rosso significa sangue per le nostre persone morte per la liberazione della Guinea. Giallo significa risorse minerarie. E il verde significa vegetazione. Perché la bandiera è importante per tutti i paesi, è un simbolo che rappresenta una Nazione. Per questo, quando ho visto questa bandiera ho pensato al mio paese.

Amadou Camara, Guinea
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Centrée
Ph. Matteo De Fina
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Field of Mars (2016) di Jessica Rankin

Quando ho visto quest’opera, ho notato appunto questi cerchietti, da dove spuntano queste linee verso l'esterno. Mi ha evocato le relazioni: pensando al gruppo con cui siamo stati a fare questa esperienza insieme, ho pensato al fatto che noi eravamo originari da diverse provenienze e che ci siamo trovati in uno di questi cerchietti, avendo anche lasciato altre relazioni nelle proprie terre. […] mi è venuto anche in mente, legato al filo, il filo rosso che in tanti contesti riguarda proprio la violenza verso le donne. Questa è purtroppo una situazione che unisce anche tante forze femminili nella lotta per questo tipo di violenza.

Concepción García Sánchez, Messico
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Centrée
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I Even Dream Of You Sometimes (2023) di Huma Bhabha

[…] culturalmente in Messico è molto sentita la relazione tra la vita e la morte. […] Quante persone di quelle con cui abbiamo condiviso questa esperienza fanno l'esperienza dell'immigrazione e a cui personalmente è successo di perdere qualcuno a cui vuoi bene, di essere lontano? Ecco la ritualità […] è un modo per comunque essere vicini, onorare la loro memoria anche da lontano.

Concepción García Sánchez, Messico
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Hineni (2018) di Julie Mehretu

Quando sono entrato in questa sala per la prima volta ho pensato che questi colori fossero dei colori gioiosi, però, dopo, quando mi sono concentrato bene, ho cominciato a vedere chiaramente l'enorme quantità di sofferenza nascosta in questo quadro. Un dipinto in cui il colore del fuoco è così dominante da sembrare un incendio dopo l'esplosione […].

Mohamed Garoui, Tunisia
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Atlas (2016-2021) di Julie Mehretu

Quando io ho visto per la prima volta Atlas, la cosa che mi è venuta subito in mente è stata la tradizione della C’oa nella mia terra. Io, come vi ho già detto, vengo dalla Bolivia e nella tradizione della mia terra c'è una cosmovisione molto particolare. Noi abbiamo tre terre: il hananpacha, la terra di sopra, il kaypacha, la nostra terra e l’uckupacha che è la terra di sotto. Queste terre appunto hanno la parola pacha, “terra”, quindi sono tutte collegate attraverso la pachamama, della madre terra.

Renato De Marchi Moyano, Bolivia
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Black City (2007) di Julie Mehretu

Quando ho visto quest’opera, Black City, la prima cosa che mi è venuta in mente non è stata la mia città ma la capitale del mio paese, La Paz. […] Mi hanno ricordato le classiche architetture di ogni capitale del terzo mondo, quindi con cose coloniali, cose un po’ più nostre, un mischio di un po’ di tutto con molte cose anche razionaliste dei periodi dittatura. E in più, queste macchie, questo nero che vediamo qua, mi ha ricordato proprio le immagini dei conflitti sociali del 2019.

Renato De Marchi Moyano, Bolivia
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New Human (2023) di Huma Bhabha
Il culto degli antenati e il rituale dei teschi, come potete vedere nelle foto, sono assolutamente sacri e ineludibili nelle tribù Bamiléké. Gli antenati partecipano alla vita di ogni famiglia con un'autorità discreta e ferma. Il loro intervento può essere cercato, ma anche temuto. Il contatto con il cranio di un defunto, secondo l'usanza, permette un contatto spirituale con i morti ed è essenziale per mantenere i crani umani dei defunti per evitare l'ira degli spiriti, la malattia, l'infertilità e persino la morte.

Berthe Bunda Tabit, Camerun
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Oh Say Can You See (2017) di David Hammons

Il verde rappresenta la foresta equatoriale meridionale del Camerun, il progresso e la speranza di un Camerun ricco e prospero. Il giallo oro rappresenta il sole, la ricchezza, la durata, il suolo e la savana della regione settentrionale. La striscia rossa simboleggia l'autorità e il legame tra le regioni meridionali e settentrionali del Paese e il sangue delle vittime della guerra. La stella d'oro rappresenta l'unificazione in un unico Stato indivisibile.

Berthe Bunda Tabit, Camerun
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Forever on the Verge of Becoming (2023) di Jessica Rankin

Quando vedo questo dipinto mi ricordo i nomi dei grandi pittori veneziani, per esempio Veronese – per questi colori così festeggiosi come vi ho già detto prima – anche di Tiepolo, oppure se possiamo dire nel modo più internazionale Joseph Turner (è un pittore inglese). […] Vedo anche la Venezia, ma per me questa città non è solo una città che festeggia sempre per i turisti, per esempio. No, la città è anche per la tristezza come di Brodsky. Per me questa città è sempre una città della speranza.

Valerio Shakin, Russia
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Your hands are like two shovels digging in me (sphinx) (2021-2022) di Julie Mehretu

[…] Una volta ho trovato questo uccello [indica] e l'ho portato con me a casa mia e poi l’ho messo in una gabbia e poi tutte le mattine prima di andare a scuola giocavamo insieme. Ma lui non parlava con me, perché io non capisco lui. Poi quando tornavo da scuola gli ho dato da mangiare qualcosa: il riso anche la frutta, ma pensavo che lui fosse arrabbiato con me. Lui non mangia niente e poi mia madre è arrivata e mi ha detto “Sujon, agli uccelli non piace stare nella gabbia”. […] Quindi ho scelto quest'opera mentre ho sentito dov'è la mia mamma, che mi ha parlato che devi lasciare a questo uccello.

Sujon Bepary, Bangladesh
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Justin Bieber Study for Ecce Homo (2024) di Paul Pfeiffer

Ho visto queste mani e ho pensato alla colonizzazione in Africa dei francesi. […] La colonizzazione è un’azione di possesso di un territorio straniero con l’obiettivo di sfruttarne le risorse. […] Il colonizzatore trasforma un paese in una colonia, in un territorio dipendente. […] I francesi tanti anni fa sono andati nel mio paese, in Africa, per coltivare le nostre coltivazioni come volevano. [...] Poi la Guinea è un paese di miniere […] Quando io ho visto queste mani ho pensato alla colonizzazione.

Amadou Camara, Guinea
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Incarnator (Pampanga), Kurt (2018) di Paul Pfeiffer

Ho scelto quest'opera, avete visto che è una faccia del bambino, ma ho visto un'altra cosa. Secondo me, quest’opera mi sembra un uomo che è nato in Bangladesh che si chiama Sheikh Mujibur Rahman. Lui è il padre della nazione del Bangladesh: sapete o no che il Bangladesh una volta era una parte del Pakistan? Nel 1971 abbiamo fatto una guerra con il Pakistan e poi ci siamo divisi con il Pakistan.

Sujon Bepary, Bangladesh
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Field of Mars (2016) di Jessica Rankin

Donc voici c’est ce que j’ai choisi, qui m’a fait penser à quand j’étais enfant, quand j’étais petit, quand on dessinait la carte de notre pays, le Burkina Faso qui vient de me manquer aujourd’hui. Donc cette carte [indica l’opera] qui est représentée me fait penser quand on s’amusait avec ce truc là [una mappa disegnata del Burkina Faso su una griglia che indicano in verticale le coordinate A,B,C, ecc. e in orizzontale 1,2,3 ecc.], quand on jouait avec [...] donc cette œuvre me fait penser à ça. Donc quand je voyais ça, ça me rappelait quand on jouait avec la carte de notre pays [Mi ricordo quando giocavamo da piccoli e disegnavamo la mappa del nostro paese che ho riprodotto qua].

Amiyao Guebre, Burkina Faso
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